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Il curioso caso di una precaria [ La sindrome di Benjamin Button esiste ]

 

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Eccomi qui; ancora una volta a farmi i conti in tasca. Ancora una volta a lottare con me stessa e con il Mondo.

Mi guardo allo specchio e mi chiedo cosa c’è che non va, come potrebbe andare meglio.

In fondo sono ancora giovane, ho ventidue anni. Oh porca troia ho ventidue anni!  Mamma mia me ne ero completamente scordata; sono una ragazzina!

Mi capita spesso di avere pensieri, movenze e preoccupazioni di una cinquantenne. A dire il vero mi capita così spesso che quando dico la mia età a nuove persone ne rimango quasi sempre più scioccata io che loro.

La mia arma di difesa prediletta quando simpatici sconosciuti mi fanno notare come io dimostri moooolti più anni di quelli che ho, (maledetti bastardi non potreste tenerlo per voi?) è quella di definirmi malata.

-“Malata di cosa?”

– “E’ una particolare forma della Sindrome di Benjamin Button”

Ed a questo punto, di solito, scatta la risata rumorosa. Di chi ha capito il collegamento al film e di chi non sa minimamente cosa sia e sdrammatizza ridendo; convinto che io abbia seriamente una qualche strana patologia.

La storia del mio dimostrare più anni sta tutta in poche e semplici spiegazioni:

– Sono molto alta e non si sa perché la gente è convinta che più sei alta e più sei adulta; manco fossi un albero

– So interagire ed affrontare argomenti che possono allontanarsi dallo smalto o l’ultimo concorrente del Grande Fratello (niente di troppo impegnativo o serio; lì mi limito ad annuire)

– Ho molte esperienze lavorative e collaborazioni nel mio Cv. Non temete, non sono una sotto specie di genio è che penso di avere un accenno di iperattività mista a una terribile fobia della monotonia. La tomba della psiche umana; o per lo meno della mia.

Dunque sin dal liceo mi sono destreggiata tra mille attività che potessero essere fare la speaker alla radio, ballare piuttosto che abbandonarmi ad impeti artistici che poi rimanevo sempre lì, incompleti e realmente brutti. Insomma, arrivata ai miei bei ventidue anni mi ritrovo una laurea, delle collaborazioni niente male e dei lavori precedenti durati anche più di un anno.

A questo punto starete tutti pensando: “E allora che rompi i coglioni con le tue storie da squattrinata?”

Il mio in realtà è un dramma sorto dopo un colloquio davvero particolare; l’ennesimo colloquio in cui avrei voluto picchiare quasi subito la mia interlocutrice.

Come sempre mando la mia candidatura senza alcuna speranza o forza positiva. Lo faccio perché quello rientra nella mia alienazione da disoccupata/precaria.

Una telefonata poco dopo dell’invio mi informa che con estremo piacere mi vogliono conoscere.

“E andiamo così” penso; “Mannaggia tutte le strade di Roma” mi correggo poi, dopo aver appurato la lontananza oceanica dei loro uffici. Niente paura, ne ho fatte di peggio, anche stavolta sarà facilissimo arrivarci e questa stavolta uscirò di lì trionfante.

Due giorni dopo, vestita da Mimmuzza; strano ma vero ho le converse ai piedi e so che potrò tenerle per tutto il tempo; mi faccio la mia bella ora e mezza di autobus e metro impregnandomi di quel tanfo che solo lì puoi trovare. “Devo comprarmi un profumo tascabile da mettere una volta uscita dai mezzi; puzzo di fogne e kebab”: questo il mio pensiero mentre percorro un lunghissimo viale che non so assolutamente dove mi porterà.

Attendo l’auto indicato nel percorso online e mi trovo vicino una ragazza della mia stessa età che sorride e parla al telefono. “Si mamma, sono pronta per il colloquio. Si mamma ho mandato la candidatura l’altro ieri e mi hanno chiamato subito.”

“Oh no, no, no. Una fregatura ancora una volta. Hanno chiamato in ufficio tre quarti di Roma questi bastardi maledetti. Devo essere felice se non mi apriranno con un kit per montare pentole e non menzioneranno la parola provvigione”.

Nel mentre che io mi demoralizzo mentalmente la ricciolona accanto a me riattacca il telefono;

Senti scusa la domanda; – comincio io imbarazzata – ma anche te fai il colloquio per questa rivista?”

Si ho appuntamento alle 10.45. Te per che ora?”

Io per le 10.30, ma l’auto ancora non passa

Non penso ce la farai

Sorrido. “Ti butto sotto l’auto mentre arriva, così io sarò in ritardo ma te non sarai proprio pervenuta”, penso mentre digito il numero che mi ha chiamato due giorni prima. Mi rassicurano che non ci sono problemi se ritardo. Le lancio uno sguardo di palese sfida e da lì non ci parliamo più. Ci ritroviamo sull’auto vicine, o per meglio dire compresse l’una sull’altra e ahimè mi ritrovo ancora una volta costretta a rivolgerle la parola “La fermata è la sesta giusto?

Io so che è la settima

Troia. Spocchiosa. Rivale…R-I-V-A-L-E- Distruggere. Il mio cervello sta andando in tilt ed io sono in ritardo.

La signora dietro di me, troppo piccola e compressa perché la riccia-rivale-da distruggere la possa sentire mi tira un lembo della giacca e mi dice “Signorina ha ragione lei, è la sesta. Deve scendere alla prossima

AH-AH-AH.

Comincio a spingere in modo sgarbato la gente che mi trovo davanti, tutti quegli stronzetti che intasano l’uscita; vedo la riccia palesemente frastornata. “Spero solo realizzi che la sto fregando un secondo dopo che si chiudono le porte”.

E invece se ne rende conto quando si aprono, ma la gente è tanta. La gente è maleducata. La gente è cattiva. Ed è così che rimane lì imprigionata; mentre io scendo, agile e veloce come una gazzella e con un occhio; a costo di diventare strabica, la guardo, perché voglio leggere la sua paura. Si; sono cattiva. Ed ammetto che a volte mi piace.

Ora basta con la crudeltà è arrivato il momento di tornare lucida e di correre perché sono in RITARDO.

Comincio a percorrere su e giu  questa via che sembra il set di un film di Fellini: una pompa di benzina deserta, un vecchio mercato rionale chiuso con diversi pacchi di plastica vuoti che rotolano trasportati dal laconico vento. Due anziani signori; probabilmente moglie e marito seduti su un muretto che osservano il banchetto da poco allestito. Stanno per certo vendendo le ultime cose rimastegli.

Torno a me e risalgo una bruttissima strada dalla quale entro in un palazzo dismesso. Sarà qui?

Chiamo di nuovo la responsabile del colloquio, passando ancora una volta come una ritardata (mai quanto lo sembrerà la ricciolona…eheheheh). Alla fine dell’ennesime epopea entro nell’ufficio e mi siedo per il colloquio.

Cominciano le domande: Come mai sei qui, come ci hai trovato, ci segui da molto, e bla bla bla.. Finchè non se ne esce dicendo:

Quale pensi sia il nostro target e cosa pensi sia il nostro messaggio principale?”

Ah già, prepararsi per il colloquio; ecco cosa mi ero dimenticata di fare ieri! Ero così presa dal fatto che dopo mesi qualcuno mi aveva cagato che mi sono completamente scordata di prepararmi per essere assunta.

Diciamo tra i 20 ed i 40 anni? Promuovendo arte, eventi ed informazione?

La ragazza rossa che ho davanti ci pensa un attimo e mi dice “Esatto!”

1-0 per me, palla al centro.

Allora adesso parlami un pò di te

Ed è qui che comincio con il mio sproloquio, mettendo ogni tanto qualche simpatico episodio, facendomi seria ed infilando qua e la termini specifici (english style); insomma mi svendo come meglio posso. Nel mentre che cerco di dare il meglio di me alzo gli occhi ed osservo la tipa rossa, si sta facendo seria e torva in volto. “Che cosa mi sta apparendo in faccia?” penso mentre cerco di concludere con un sorriso smagliante.

– “Scusami un attimo; ma te non sei del ’91?

– “Si perché?

Si siede dritta sulla sedia e tira un sospiro di disperazione;  “Senti io sono davvero dispiaciuta, ma avevo notato solo la tua età; non il tuo curriculum. Ti avevo chiamato perché pensavo ti servissero i crediti formativi per l’università. Certo che con questo curriculum, essendo addirittura già laureata lo stage non lo vorrai di certo fare.

Imbarazzata dal complimento/smerdamento rispondo ancora speranzosa “Ma dipende se è retribuito o no

No, no retribuiamo solo con i CFU universitari. Certo che con la tua esperienza vorresti entrare nell’organico ma sono sincera per la tua carica e per la tua formazione non saprei proprio dove metterti.

Sono scioccata, paralizzata. Cosa cazzo significa? Sono troppo? O mi stai ampiamente prendendo per il culo?

Va bene, – rispondo- almeno ci siamo conosciute. Allora vado?

Credo proprio di si. Comunque se ti posso dire, per come ti presenti e per il curriculum che hai alla tua età, sarà difficile trovare qualcosa. Io fossi in te nasconderei molte delle tue esperienze“.

La guardo disgustata, vorrei vomitarle addosso e poi appenderla alla finestra dell’ufficio, ma mi rendo conto che così esternerei e paleserei una psicopatia latente che ancora cerco di mascherare.

Nel mentre che esco; con la bile in gola, mi incrocio con la ricciolona che mi squadra e tutta trapelata dice alla rossa “Scusami per il ritardo, mi sono persa“.

Non ti sei persa bella bambolona, questi cercano proprio una come te. E te meriti esattamenteloro. By by baby.